Patologie associate all’esposizione ad amianto
La consistenza fibrosa dell’amianto è alla base delle sue ottime proprietà tecnologiche, ma conferisce al materiale anche, purtroppo, delle proprietà di rischio essendo essa stessa causa di gravi patologie a carico prevalentemente dell’apparato respiratorio. Un’ elevata resistenza ad acidi e ad alcali, conferisce alle fibre di amianto anche una straordinaria biopersistenza, cioè permangono negli alveoli polmonari per un tempo pressoché indefinito. Le fibre resistono all’attacco dei macròfagi, ma quelle di maggiore lunghezza (oltre 5 micron), non possono essere catturate dagli stessi che muoiono nel tentativo di eliminare le fibre di amianto inducendo una reazione infiammatoria che sta all’origine della lesione asbestosica. L’ anfibolo, con fibre di morfologia rettilinea, ha una capacità di penetrazione più elevata, che diminuisce col crescere del diametro perché le fibre più sottili e aghiformi attraversano il tessuto polmonare, per effetto dei movimenti respiratori e facilmente raggiungono la pleura. Tale capacità di penetrazione è invece molto minore nel crisotilo per la sua forma ad esse allungata.Tra quelle trattenute nei bronchioli e negli alveoli, alcune più corte assorbite dai macrofagi, vengono trasportate fino ai gangli linfatici, alla milza e ad altri tessuti. Alcune di quelle che rimangono nei bronchioli e negli alveoli (in particolare gli anfiboli) vengono ricoperte da un complesso proteine/ferro e si trasformano nei “corpuscoli dell’asbesto”. Tutte le malattie da amianto insorgono a distanza di molto tempo dall’inizio dell’esposizione, dopo un periodo di latenza che dura 20 anni o più. Questo spiega perché gli effetti delle esposizioni avvenute nel passato si manifestino ancora oggi. Infatti nel Regno Unito circa 3000 persone muoiono ogni anno per malattie riconducibili ad esposizione all’amianto e le stime prevedono che questa cifra raggiungerà circa le 10.000 unità nel 2010. Il 25% di queste risulta aver lavorato in passato nell’edilizia o nel campo della manutenzione di edifici. In Svezia le morti dovute agli effetti ritardati dell’esposizione all’amianto (mesoteliomi pleurici) superano il numero totale dei decessi causati da incidenti mortali sul lavoro. |
Le malattie principali provocate dall’asbesto sono:
- asbestosi;
- mesotelioma;
- carcinomi polmonari;
- tumori del tratto gastro-intestinale, della laringe e di altre sedi
E’ ormai descritto che l’amianto può rappresentare un rischio oltre che per i lavoratori che vi sono stati esposti, anche per i loro familiari, che possono respirare le particelle portate a casa ad esempio con gli abiti da lavoro.
Come per tutti gli agenti cancerogeni non esiste una “soglia” di sicurezza al di sotto della quale il rischio sia nullo. “L’esposizione a qualunque tipo di fibra e a qualunque grado di concentrazione in aria va pertanto evitata” (Organizzazione Mondiale della Sanità, 1986).
Per le sue proprietà tossicologiche la pericolosità dell’amianto è da considerare in rapporto ai seguenti fattori di rischio:
- Friabilità della matrice in cui le fibre sono legate;
- Percentuale relativa di amianto di un materiale;
- Integrità del materiale;
- Modalità di intervento sui materiali che lo contengono e che influiscono notevolmente sull’inquinamento dell’ambiente.
ASBESTOSI È una malattia respiratoria cronica a decorso progressivo, fortemente invalidante, causa di insufficienza respiratoria cronica, irreversibile. Il fumo di sigaretta agisce sfavorevolmente sul decorso della malattia, favorendo la tendenza evolutiva della stessa. E’ legata alle proprietà delle fibre di asbesto di provocare una cicatrizzazione (fibrosi) del tessuto polmonare; ne conseguono irrigidimento e perdita della capacità funzionale. Le cattive condizioni di lavoro che esistevano una volta nella produzione d’amianto, nella fabbricazione di prodotti a base di amianto e in altre professioni che comportavano una esposizione alle fibre e alle polveri d’amianto sono stati all’origine di forti tassi di prevalenza tra gli operai addetti per più di 20 anni. Poiché l’asbestosi è oggi una malattia professionale rara si può dire che nelle condizioni lavorative attuali il rischio di ammalarsi è pressoché assente.
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CANCRO DEI POLMONI
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MESOTELIOMA MALIGNO DELLA PLEURA L’amianto può determinare un effetto cancerogeno anche per le membrane sierose (mesotelioma pleurico, cardiaco, peritoneale). I mesoteliomi vengono ritenuti, vista la loro estrema rarità, il tumore “spia” di una esposizione ad amianto anche se in qualche caso tale tipo di tumore può verificarsi anche in soggetti per i quali non si riesce ad individuare all’anamnesi l’esposizione professionale. Sono stati descritti casi di mesotelioma in persone residenti intorno a miniere di asbesto o nelle città sede di insediamenti industriali con lavorazioni dell’amianto, in familiari venuti in contatto con le polveri accumulatesi sulle tute di lavoratori direttamente esposti. L’esistenza di mesoteliomi nei residenti e nei familiari mostra che possono essere pericolose anche esposizioni a basse concentrazioni di asbesto. In genere il tempo di latenza (ovvero il tempo che intercorre tra l’esposizione ad amianto e la comparsa della malattia) è dell’ordine di decenni, generalmente non meno 25-30 anni e più dall’inizio dell’esposizione.
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TUMORI DEL TRATTO GASTRO-INTESTINALE, DELLA LARINGE E DI ALTRE SEDI Numerosi studi hanno mostrato che la mortalità per tumori in genere è più alta nei lavoratori esposti a polveri libere di asbesto che nella popolazione generale, e in particolare sembrano più frequenti i tumori del tratto gastro-intestinale e della laringe. L’aumento della frequenza per queste malattie è comunque molto inferiore rispetto a quello descritto per i tumori polmonari ed è a tutt’oggi oggetto di studi per una migliore comprensione dei meccanismi che lo determinano.
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PLEUROPATIE BENIGNE Per quanto siano note da molti anni, le lesioni benigne della pleura da amianto sono state definite in maniera sistematica solo in tempi relativamente recenti. Esse comprendono tre quadri clinici distinti. Le placche pleuriche. Sono ispessimenti circoscritti che interessano esclusivamente la pleura parietale (diaframmatica compresa); sono di norma multiple, bilaterali, talvolta simmetriche, hanno estensione e spessore variabili, risparmiano apici e seni costofrenici e possono calcificare. Sono un reperto frequente in una popolazione professionalmente esposta (riscontrabile in un follow up di 30 anni fin nel 50% dei soggetti). Generalmente vi è un periodo di latenza piuttosto lungo tra inizio dell’esposizione e comparsa delle placche (dai 10 ai 30 anni). Non è stata dimostrata alcuna correlazione con i livelli di esposizione. Al contrario, la comparsa delle placche sembra più correlata alla durata dell’esposizione che alla dose. Placche pleuriche sono descritte anche in relazione a livelli di esposizione relativamente bassi (esposizioni ambientali). Le placche pleuriche bilaterali localizzate alla pleura parietale costituiscono una lesione abbastanza specifica da amianto. Gli ispessimenti pleurici diffusi. Interessano la pleura viscerale e possono determinare anche aderenze tra i due foglietti pleurici. Confrontando i vari studi disponibili risulta una prevalenza tra gli esposti ad amianto compresa tra il 2 e il 7%, con un rapporto tra placche ed ispessimenti circa di 6 a 1. Possono avere localizzazione sia bilaterale sia monolaterale e possono andare incontro a fenomeni di calcificazione. Tra le pleuropatie viscerali da amianto vengono descritte anche gli ispessimenti delle scissure interlobare. A differenza delle placche pleuriche localizzate alla pleura parietale, gli ispessimenti pleurici diffusi rappresenta una lesione del tutto aspecifica, che si manifesta anche in conseguenza di comuni processi infiammatori. I versamenti pleurici benigni possono comparire negli esposti generalmente dopo non meno di 10 anni di esposizione e spesso rimangono l’unica manifestazione per un altro decennio. Normalmente sono di modesta entità e si risolvono spontaneamente nel giro di qualche mese, salvo ripresentarsi anche a distanza di anni. Frequentemente danno come esito l’ispessimento pleurico diffuso e l’obliterazione del seno costo-frenico. Non sono clinicamente distinguibili dai versamenti attribuiti ad altra causa e la diagnosi differenziale si basa essenzialmente sul mancato riscontro di altri fattori causali (quali in particolare TBC e tumori) e sulla positività anamnestica per l’amianto. Tutti questi quadri sono generalmente asintomatici e non comportano alterazioni della funzionalità respiratoria a meno che non siano molto estesi o che si accompagnino a fenomeni fibrotici del parenchima polmonare. Le lesioni pleuriche benigne non possono di per sé essere interpretate come asbestosi. In realtà esse non costituiscono una vera e propria patologia da amianto, quanto piuttosto un indicatore di avvenuta esposizione. Secondo alcuni autori hanno anche un significato di ipersuscettibilità individuale all’azione sclerogena dell’amianto. Invece, non vi è sufficiente evidenza che vadano incontro a trasformazione maligna e diano esito nella comparsa di un mesotelioma. Sotto il profilo medico-legale, secondo alcuni, non comportando una menomazione funzionale, non danno diritto ad alcun indennizzo. Secondo altri possono essere valutate in base all’eventuale riduzione della funzionalità dell’apparato respiratorio (quando ciò si verifica), al danno biologico, inteso come perdita dell’integrità di un organo, e alla dimostrazione dell’avvenuta esposizione con conseguente sofferenza psichica attribuibile alla preoccupazione per la possibile insorgenza di malattie incurabili e letali.
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Nelle figure che seguono si riporta l’incidenza dei casi di asbestosi e di tumori da amianto riconosciuti e indennizzati dall’INAIL: si osserva un ordine decrescente per i primi e crescente per i secondi. Il numero di casi indennizzati costituisce un indicatore non solo della frequenza delle malattie, ma anche della cultura che si sviluppa intorno al fattore di rischio e che spinge da un lato gli interessati a richiedere il riconoscimento medico-legale e dall’altro l’istituto assicuratore a rilevare il nesso di causalità.
Figura 1 Casi di asbestosi riconosciuti dall’INAIL (1965 – 1999) Fonte INAIL
Figura 2 Casi di tumore professionale da amianto riconosciuti dall’INAIL (1994 – 1999) Fonte INAIL
Figura 3 Casi di tumore professionale riconosciuti dall’INAIL (1995 – 1999). Ripartizione percentuale per agente causale – Fonte INAIL
In Italia lavorano l’amianto esclusivamente gli addetti agli interventi di bonifica, i quali sono esposti a concentrazioni anche molto elevate dal cui effetto nocivo si salvaguardano con sistemi di protezione individuali particolarmente restrittivi. Il problema più attuale è invece quanto possano influire sulla salute pubblica le esposizioni a livelli estremamente bassi che si verificano per la presenza dell’amianto in edifici, mezzi di trasporto, e in generale nell’ambiente di vita. Infatti, mentre per gli effetti non cancerogeni dell’amianto come nell’asbestosi, è possibile stabilire una soglia di esposizione, al di sotto della quale non vi è rischio di contrarre la malattia, allo stadio attuale delle nostre conoscenze non è possibile stabilire un limite altrettanto sicuro per il rischio di tumori. Questo non significa però che il rischio cancerogeno sia lo stesso per qualsiasi livello di esposizione.
A tutt’oggi per valutare gli effetti sulla salute determinati dalle basse esposizioni si fa ricorso a stime ottenute estrapolando i risultati di osservazioni epidemiologiche relative ad esposizioni a livelli molto più elevati, nelle quali si utilizzano modelli matematici non verificabili, che contengono elementi di arbitrarietà e sono affetti da un margine di errore spesso più ampio dell’entità dell’effetto che dovrebbero misurare.
Fin dal 1987 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha individuato come limite raccomandato per la qualità dell’aria nelle città europee il valore di 1 f/l di amianto. A questo si ritiene che possa corrispondere un rischio di cancro polmonare pari ad 1 caso ogni 100.000 – 1.000.000 di persone ovvero un rischio di mesotelioma pari a 1 caso ogni 10.000 – 100.000 persone. Si tratta quindi di un rischio non nullo, ma certamente trascurabile rispetto a tutti gli altri fattori di rischio, anche letali, che qualsiasi individuo è inevitabilmente destinato ad incontrare nel corso di tutta la sua vita.
fonte:www.ispesl.it