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Napolitano non firma la legge sull’arbitrato: “Tutelare la parte debole”

Licenziamenti, Napolitano non firma la legge sull’arbitrato: “Tutelare la parte debole”

Il presidente della Repubblica rinvia alle Camere il disegno di legge sul lavoro. Dubbi anche sulla questione amianto e sul testo: “Troppo complesso, non si legifera così”. Sacconi: “Il governo lo modificherà”

ROMA – Licenziamenti, Napolitano non firma. Il presidente della Repubblica ha rinviato alle Camere la riforma del lavoro voluta dal governo e approvata dal Parlamento, chiedendo “un ulteriore approfondimento” sulla legge che, fra le altre cose, apre alla possibilità di ricorrere all’arbitrato nei contenziosi sui licenziamenti, lasciando le parti -lavoratore e azienda- libere di non ricorrere al giudice. Altro punto sul quale il Colle esprime dubbi è quello sulla tutela della salute dei lavoratori, in particolare per ciò che riguarda l’esposizione all’amianto.

In una nota del Quirinale si legge: “Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha chiesto alle Camere, a norma dell’articolo 74, primo comma, della Costituzione, una nuova deliberazione in ordine alla legge: ‘Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione degli enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”.

Il capo dello Stato “è stato indotto a tale decisione dalla estrema eterogeneità della legge e in particolare dalla complessità e problematicità di alcune disposizioni- con specifico riguardo agli articoli 31 e 20, che disciplinano temi, attinenti alla tutela del lavoro, di indubbia delicatezza sul piano sociale”. “Ha perciò ritenuto opportuno un ulteriore approfondimento da parte delle Camere, affinché gli apprezzabili intenti riformatori che traspaiono dal provvedimento possano realizzarsi nel quadro di precise garanzie e di un più chiaro e definito equilibrio tra legislazione, contrattazione collettiva e contratto individuale”.

“ARBITRATO, SI TUTELI LA PARTE DEBOLE – Il presidente della Repubblica è “perplesso” sull’arbitrato e chiede al Parlamento che sia assicurata “una adeguata tutela” della parte “debole”. Lo scrive nella lettera che motiva il rinvio alle Camere del ddl lavoro. “La introduzione nell’ordinamento di strumenti idonei a prevenire l’insorgere di controversie ed a semplificarne ed accelerarne le modalità di definizione- spiega Napolitano- può risultare certamente apprezzabile e merita di essere valutata con spirito aperto: ma occorre verificare attentamente che le relative disposizioni siano pienamente coerenti con i princìpi della volontarietà dell’arbitrato e della necessità di assicurare una adeguata tutela del contraente debole”. Sulla base di tali indicazioni, “non può non destare serie perplessità la previsione del comma 9 dell’art. 31- continua- secondo cui la decisione di devolvere ad arbitri la definizione di eventuali controversie può essere assunta non solo in costanza di rapporto allorché insorga la controversia, ma anche nel momento della stipulazione del contratto, attraverso l’inserimento di apposita clausola compromissoria: la fase della costituzione del rapporto è infatti il momento nel quale massima è la condizione di debolezza della parte che offre la prestazione di lavoro”. Napolitano poi esprime “perplessità ulteriori” sulla “estensione della possibilità di ricorrere a tale tipo di arbitrato anche in materia di pubblico impiego: in tal caso è particolarmente evidente la necessità di chiarire se ed a quali norme si possa derogare senza ledere i princìpi di buon andamento, trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa sanciti dall’art. 97 della Costituzione”.

“AMIANTO, CI SONO PROFILI PROBLEMATICI” – Con l’articolo 20 del ddl lavoro “si è inteso evitare che alle morti o alle lesioni subite dal personale imbarcato su navigli militari e cagionate dal contatto con l’amianto, possano continuare ad applicarsi, come invece sta accadendo in procedimenti attualmente pendenti davanti ad autorità giudiziarie, le sanzioni penali stabilite dal Dpr 19 marzo 1956, n. 303, che disciplina l’applicazione di tali sanzioni, escludendole unicamente nei casi di morti o lesioni subite da personale imbarcato su navi mercantili”. Secondo Napolitano l’articolo 20 in questione presenta inoltre “profili problematici anche nella parte, in sé largamente condivisibile, che riguarda la salvezza del diritto del lavoratore al risarcimento dei danni eventualmente subiti. In assenza di disposizioni specifiche, non rinvenibili nella legge, che pongano a carico dello Stato un obbligo di indennizzo, il risarcimento del danno ingiusto è possibile esclusivamente in presenza di un ‘fatto doloso o colposo’ addebitabile a un soggetto individuato (art. 2043 del codice civile). Qualora la efficacia della norma generatrice di responsabilità sia fatta cessare, con la conseguente non punibilità delle lesioni o delle morti cagionate su navigli di Stato, non è infatti più possibile individuare il soggetto giuridicamente obbligato e configurare ipotesi di “dolo o colpa” nella determinazione del danno”. Per conseguire in modo “da un lato tecnicamente corretto ed efficace, e dall’altro non esposto a possibili censure di illegittimità costituzionale, le finalità che la disposizione in esame si propone, appare quindi necessario escludere la responsabilità penale attualmente prevista per i soggetti responsabili di alcune categorie di navigli, in linea del resto con gli adattamenti previsti dal citato testo unico n. 81 del 2008, e prevedere, come già accade per altre infermità conseguenti ad attività di servizio- conclude- un autonomo titolo per la corresponsione di indennizzi per i danni arrecati alla salute dei lavoratori”.

PROVVEDIMENTO TROPPO COMPLESSO, NON SI LEGIFERA COSI'” – Ultima questione sollevata dal capo dello Stato, la complessità del ddl. Il provvedimento, che nasce come stralcio di un disegno di legge collegato alla legge finanziaria 2009 (Camera n.1441-quater), ha avuto “un travagliato iter parlamentare nel corso del quale il testo, che all’origine constava di 9 articoli e 39 commi e già interveniva in settori tra loro diversi, si è trasformato in una legge molto complessa, composta da 50 articoli e 140 commi riferiti alle materie più disparate”. Napolitano ricorda che ha “già avuto altre volte occasione di sottolineare gli effetti negativi di questo modo di legiferare sulla conoscibilità e comprensibilità delle disposizioni, sulla organicità del sistema normativo e quindi sulla certezza del diritto; nonché sullo stesso svolgimento del procedimento legislativo, per la impossibilità di coinvolgere a pieno titolo nella fase istruttoria tutte le commissioni parlamentari competenti per ciascuna delle materie interessate”. Nel caso specifico, sottolinea il capo dello Stato, l’esame referente si è concentrato “alla Camera nella commissione Lavoro e al Senato nelle commissioni Affari costituzionali e Lavoro, mentre, ad esempio, la commissione Giustizia di entrambi i rami del Parlamento ed anche la commissione Affari costituzionali della Camera sono intervenute esclusivamente in sede consultiva e non hanno potuto seguire l’esame in Assemblea nelle forme consentite dai rispettivi Regolamenti”. Tali “inconvenienti”, spiega Napolitano, risultano “ancora più gravi allorché si intervenga, come in questo caso, in modo novellistico su codici e leggi organiche”.

SACCONI: “DAL GOVERNO IN ARRIVO LE MODIFICHE” – “Il governo proporrà alcune modifiche mantenendo l’istituto dell’arbitrato che il presidente della repubblica ha apprezzato”. Lo riferisce il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, intervistato dal TG1. Dopo il rinvio alle Camere da parte di Napolitano del ddl lavoro, Sacconi esprime “rispetto” per la decisione assunta dal capo dello Stato: “Terremo conto dei rilievi”. Nel merito Sacconi afferma che ci sarà “un ulteriore approfondimento da parte del Parlamento” e verrà “rafforzato il ruolo delle parti sociali” e dato più valore “alla contrattazione collettiva”. Il ministro precisa che l’avviso comune sull’arbitrato, seguito alle nuove norme, è stato sottoscritto “da tutte le parti sociali, anche da Legacoop (che in un primo momento non aveva aderito, ndr), meno la Cgil”.

31 marzo 2010

 

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